INTELLIGENCE, ALFIO RAPISARDA AL MASTER DELL’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA: SEMPRE PIÙ IMPORTANTE IL RUOLO DEI SECURITY MANAGER

Rende (7.5.2019) – “L’ENI è un’eccellenza industriale nel campo dell’energia, presente in 71 paesi e con 33 mila dipendenti, dei quali 12 mila all’estero. E come le altre big mondiali investe molto nella sicurezza aziendale. In questo modo Alfio Rapisarda, Senior Vice President Security ENI, ha avviato la sua lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Rapisarda, nell’illustrare la filiera industrial di Eni si è soffermato anche sull’importanza dell’economia circolare e sulle fonti rinnovabili precisando che il passaggio dall’energia fossile alle nuove fonti si realizza nell’arco di alcune generazioni, richiedendo notevoli investimenti in ricerca, innovazione ed adattamenti tecnologici, cambiamento anche culturale e comportamentale. Ha quindi ricordato gli eccellenti risultati di bilancio dell’Eni negli ultimi due anni, che hanno saputo far fronte anche ai condizionamenti dovuti al crollo del prezzo del barile di petrolio. Il docente ha evidenziato che nel 2013 è stato inaugurato il Green Data Center dell’ENI in provincia di Pavia dove c’è il quinto supercalcolatore del mondo. Ha poi ripercorso la storia dell’ENI che deve la sua impostazione all’intuizione di Enrico Mattei, che alla fine degli anni Quaranta avendo il compito di liquidare l’ente, invece lo rilanciò ponendo le premesse del miracolo italiano. Infatti, andò ad intercettare nicchie di mercato in Algeria, Tunisia, Iran, Russia e Libia mettendo in crisi la logica predatoria delle sette sorelle cioè le principali compagnie petrolifere mondiali, utilizzando invece un approccio collaborativo con i paesi produttori. Attualmente – ha ricordato – Eni si è ritagliata il ruolo della più piccola delle Supermayor e della più grande delle mayor. Rapisarda ha poi affrontato il concetto di sicurezza spiegando che si utilizza un unico termine per definire cose diverse, applicando norme comuni per ambiti differenti. Infatti, se da un lato si parla di Safety, cioè la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro, dall’altro si parla di Security, che si occupa della protezione delle persone da atti intenzionali. Rapisarda ha poi detto che “la sicurezza d’impresa ha assunto una dimensione molto più importante dopo l’11 settembre 2001”. Ha quindi ricordato alcuni episodi come i sequestri dei tecnici italiani in Nigeria del 2006, che hanno indotto l’Eni ad un ripensamento radicale della propria sicurezza. Oppure l’attentato terroristico di Ain Amenas in Algeria nel 2013 ai danni di un impianto delle società BP e STATOIL, che sino ad allora era stato considerato un sito molto sicuro. Per non dire dell’attacco sanguinoso all’Hotel Dusit in Kenia di inizio anno 2019, un luogo dove alloggiavano dipendenti d aziende locali ed internazionali, un altro sito che sembrava essere ben protetto dalle autorità ma che invece ha dimostrato tante vulnerabilità su cui riflettere. Rapisarda ha poi messo in luce che Eni deve confrontarsi sul tema security con logiche, leggi ed usi di 71 paesi diversi e questo richiede una grande capacità di adattamento organizzativo, ma anche una forte capacità di interazione con le autorità con cui condividere le best practice internazionali e rendere le misure di protezione non solo realizzabili ma anche efficaci ed efficienti.

Il docente ha poi ricordato i dati impressionanti relativi al terrorismo che negli ultimi anni hanno determinato migliaia di vittime nelle aree di conflitto, ma anche vittime legate ad atti puramente a matrice terroristica ed ideologica, tra le quali anche 44 vittime italiane negli ultimi 15 anni. A questo proposito ha ricordato anche i rischi della criminalità ed il rischio rapimenti di cittadini stranieri, tra cui 64 dipendenti di aziende italiane all’estero, alcuni dei quali ancora irrisolti.

Il modello della sicurezza dell’ENI – ha ricordato – è basato su un forte commitment da parte del vertice aziendale; un’organizzazione multinazionale con il coinvolgimento di personale proveniente da varie realtà e nazioni, con competenze multidisciplinari costruite nel tempo. In questo modo – ha proseguito – si è realizzata un’evoluzione della security verso una piena integrazione nel business, aggiungendo in un ciclo di miglioramento continuo la capacità di adeguare la propria struttura e le proprie competenze alle nuove sfide che l’azienda si prefigge.

Tra i maggiori rischi considerati ve ne sono due principali: il primo relativo ai grandi eventi (rappresentati dal terrorismo e dai sequestri di persona) e il secondo dallo spionaggio industriale (sia nella versione tradizionale che nella nuova veste di cyberespionage). Quindi sono stati messi in campo i concetti di strategia, approccio proattivo, preparazione, resilienza e coerenza. Rapisarda ha poi affrontato il tema della sicurezza connesso con l’interesse nazionale. “Qual è il nesso – si è chiesto – tra affare privato e ragion di Stato?”. Ha quindi ricordato l’esperienza della Commissione Ortona sulla riforma dei servizi ispirata nel 1992 dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e della quale faceva parte anche Paolo Savona. Nell’occasione si erano cominciati ad affrontare le aree della difesa cibernetica e della tutela dei gangli vitali nazionali dai rischi del terrorismo e della criminalità, evidenziando il ruolo decisivo dell’energia e della difesa interessi economici. Temi che poi sono stati ripresi nel 2007 nella riforma dell’intelligence nazionale. Rapisarda ha poi detto che “in Italia ci sono 6 milioni e mezzo di aziende ma quelle con più di un miliardo di fatturato sono solo 258, delle quali il 90 per cento ubicate nel centro nord. Tra queste, le grandi aziende nei settori strategici dell’energia, dei trasporti, della difesa, della comunicazione, senza dimenticare i marchi del lusso e del food che alimento il brand Italia. Che vanno difesi e tutelati in un vera logica di sistema paese, non solo perché danno lustro alla nazione ma perché producono benessere, lavoro e favoriscono lo sviluppo del paese. Rappresentano cioè uno dei fattori che caratterizzano un Paese evoluto. Ed il settore energetico ne è una delle leve cardine poiché permette di disporre, se ben gestite, di fonti di approvvigionamento sicure e durature nel tempo, nonostante le molteplici variabili correlate ai luoghi dove si produce maggiormente l’energia, spesso caratterizzati da tensioni politiche e sociali, financo conflitti.
E’ un tema critico  per l’Italia, che è un paese il cui fabbisogno energetico dipende in larga maggioranza dai corridoi esteri, il mare del Nord, la Russia e l’Africa Settentrionale, e che negli anni non ha sviluppato, come invece ad esempio ha fatto la Francia, settori alternativi come il nucleare. Ma in generale è un problema che coinvolge l’intera Unione Europea che complessivamente importa quasi il 60 per cento dell’energia dall’estero, quasi sempre da Paesi complessi e spesso instabili.

Appunto per questo – ha affermato – la politica di diversificazione adottata anche da Eni è un impegno sostanziale, guardando soprattutto alle potenzialità nel bacino del Mediterraneo che potrebbero farlo divenire uno dei più importanti hub energetici del gas mondiale. A tale riguardo ha messo in risalto lo sfruttamento del giacimento egiziano di Zohr, che rappresenta la più grande scoperta di gas del Mediterraneo degli ultimi anni, insieme alle scoperte in Mozambico che, grazie alla sua posizione geografica ed alle grandi risorse del sottosuolo, rappresenta un paese strategico ed uno snodo per molteplici business, compresi quelli illegali.

Il docente si è poi soffermato sul concetto più ampio della difesa nazionale, all’interno del quale l’intelligence è strumento fondamentale, se indirizzato in funzione analitica e previsionale, in grado di cogliere ogni sfumatura delle vicende e degli scenari del mondo, così da poter permettere, nel processo di valutazione dei rischi di security, di fare nel momenti giusti le scelte giuste. Questo spiega – ha detto – come l’Eni possa continuare ad operare ad esempio in Libia, in quanto presenza strategica per quel paese se si considera che i tre quarti dell’approvvigionamento elettrico delle famiglie sono prodotti grazie al gas proveniente dagli impianti della multinazionale italiana.

Infine, il docente ha ribadito che gli elementi di competizione aziendale sono di tre tipi: commerciali, informativi e reputazionali. Appunto per questo è importante amplificare il concetto di business intelligence aziendale che permetta di conoscere, valutare e decidere in maniera coerente con gli obiettivi aziendali. In tale contesto, è infine fondamentale non lasciare le aziende da sole, ma è essenziale la collaborazione con le istituzioni e con l’intelligence nazionale, deputate da norme adeguate e coerenti a tutelare l’interesse nazionale e la Ragion di Stato sia nel contesto pubblico che privato.

Rispondendo infine alle domande degli studenti sulla figura del security manager, Rapisarda ha messo in risalto che in Italia manca un albo professionale dei Security manager e che si tratta di una professione che sarà sempre più richiesta, considerando che ogni azienda dovrebbe disporre di una figura deputata a tali attività, con potenzialità occupazionali assai rilevanti.

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